Accogliere, ascoltare, accompagnare: l’impatto sociale dei servizi alla persona

Ogni giorno, alle Cucine Economiche Popolari si costruisce un’idea concreta di dignità. È un lavoro silenzioso e costante, fatto di gesti essenziali: un pasto servito con cura, una doccia che ridona pulizia e benessere, un controllo medico che intercetta una malattia prima che diventi grave, un modulo compilato insieme a chi non ha strumenti per orientarsi nei meandri della burocrazia. Ma l’effetto di questi gesti va ben oltre il momento in cui accadono.

Nel corso del 2025, un percorso di analisi ha voluto guardare più da vicino a tutto questo: non per fare bilanci, ma per riconoscere con lucidità e gratitudine ciò che ogni giorno accade nei servizi alla persona delle Cucine. L’obiettivo è stato quello di comprendere quale impatto hanno questi servizi nella vita delle persone che vi accedono, in che modo contribuiscono a generare benessere, autonomia, inclusione sociale.

Una rete di servizi per i bisogni primari (e non solo)

I numeri raccontano la portata dell’attività: oltre 85.000 pasti distribuiti, 2.500 prestazioni sanitarie, quasi 5.000 docce, centinaia di cambi di vestiti, ricariche telefoniche, lettere recapitate, accessi al segretariato sociale. Ma dietro ogni numero c’è una storia, e ogni servizio è pensato per ricucire relazioni, ridare respiro, far ripartire percorsi di vita.

Il servizio mensa, che resta il fulcro operativo delle Cucine, ha visto aumentare ancora una volta le richieste. Ma è il contesto a fare la differenza: chi si siede a tavola trova un pasto nutriente, certo, ma anche uno spazio dove sentirsi accolto senza giudizio, dove scambiare due parole, dove ritrovare una piccola routine quotidiana. È qui che il cibo diventa strumento di relazione.

Accanto alla mensa, il servizio sanitario garantisce un presidio fondamentale per chi non riesce ad accedere alla sanità pubblica: visite di base e specialistiche, distribuzione farmaci, assistenza infermieristica, orientamento. L’approccio è integrato, relazionale, vicino. Anche grazie alla collaborazione con Ulss 6 Euganea e ambulatori solidali, si costruiscono percorsi di salute e consapevolezza, che spesso rappresentano l’unica occasione di cura.

Grande attenzione è rivolta anche ai servizi di igiene personale: la possibilità di fare una doccia, cambiare i propri abiti, lavare ciò che si indossa, ricevere una coperta pulita. Sono gesti che restituiscono dignità, che aiutano a guardarsi con occhi diversi, che diventano fondamentali non solo per il benessere fisico, ma per sentirsi parte della comunità.

Infine, non meno importanti, i servizi di ascolto e orientamento: dal segretariato sociale alle ricariche del telefono, dal fermoposta ai colloqui individuali. In un mondo dove la mancanza di documenti o di una residenza impedisce di accedere ai diritti minimi, questi interventi rappresentano spesso il primo ponte verso l’autonomia. L’accesso a un numero di telefono funzionante, a una carta d’identità, a un appuntamento per i servizi pubblici può segnare un punto di svolta.

L’impatto che non si vede subito

L’impatto più profondo di tutto si coglie nei cambiamenti più sottili: in chi ricomincia a curarsi, in chi si fida abbastanza da chiedere aiuto, in chi smette di sentirsi invisibile. È in queste trasformazioni quotidiane che si riconosce il valore dei servizi: non un’assistenza che alimenta la dipendenza, ma un’accoglienza che apre strade, accompagna processi, restituisce possibilità.

Tre sono i profili più ricorrenti tra le persone accolte: chi vive in una condizione di marginalità cronica, chi attraversa una difficoltà temporanea, chi fa un uso sporadico dei servizi. A ciascuno viene data una risposta specifica, calibrata, pensata non solo per “tamponare” un’urgenza ma per riconoscere la persona e le sue potenzialità.

Un’attenzione particolare è rivolta anche all’inclusività: le Cucine accolgono uomini e donne di ogni provenienza, con un’età media che si sta progressivamente abbassando. Cresce la presenza di giovani adulti colpiti dalla povertà lavorativa, ma anche quella di anziani soli, con pensioni insufficienti. Le strategie adottate per superare barriere linguistiche, culturali, burocratiche mostrano un impegno quotidiano per garantire che nessuno resti escluso.

Una comunità che cura, una città che si prende responsabilità

Tutto questo è possibile grazie a un intreccio forte tra volontariato, professionalità e rete territoriale. Oltre 200 volontari affiancano operatori e comunità di suore. Decine di enti pubblici, privati, realtà del terzo settore collaborano per costruire percorsi condivisi. I servizi delle Cucine non sono mai scollegati dal territorio: nascono e vivono dentro una città che, passo dopo passo, si scopre responsabile del destino di chi è più fragile. La sfida per il futuro è chiara: mantenere l’accoglienza come primo passo, ma rafforzare i percorsi di autonomia, investire in relazioni, accompagnamenti, strumenti che permettano a chi è caduto di rialzarsi e di camminare con le proprie gambe. Perché il bisogno non sparisce, ma può trasformarsi se trova una comunità pronta ad accogliere, ascoltare, accompagnare.