Crisi umanitarie, sfollamenti e invisibilità: il caso dimenticato del Camerun

Le crisi umanitarie contemporanee sono sempre più complesse e multilivello, intrecciando conflitti armati, catastrofi ambientali e instabilità socio-politiche. Gli spostamenti forzati di popolazione – interni o transnazionali – rappresentano una delle conseguenze più drammatiche di queste emergenze e al contempo un indicatore chiave del disagio globale.

Il fenomeno degli sfollamenti è strettamente legato a dinamiche di esclusione, marginalità e vulnerabilità, che non si limitano a un semplice spostamento geografico ma coinvolgono il diritto alla sicurezza, all’accesso a risorse essenziali, all’inclusione sociale e alla dignità umana. Spesso le persone costrette a fuggire dai propri territori si ritrovano invisibili agli occhi del mondo, private di protezione e supporto adeguato, in una condizione di precarietà estrema.

Nel contesto delle crisi globali, alcuni paesi e regioni subiscono condizioni di abbandono sistematico da parte della comunità internazionale, con conseguenze devastanti per milioni di individui. Il Camerun rappresenta uno di questi casi emblematici, dove conflitti multipli, shock climatici e sottofinanziamento umanitario si combinano in una delle emergenze più trascurate al mondo.

Una crisi dimenticata

Con 1,1 milioni di sfollati interni e quasi mezzo milione di rifugiati ospitati, il Camerun è al primo posto nella lista delle crisi di sfollamento più ignorate a livello globale. Nel 2024, il piano umanitario per il paese ha ricevuto solo il 45% dei finanziamenti richiesti: poco più di 168 milioni di dollari su un fabbisogno stimato di 371 milioni. Il deficit di oltre 200 milioni di dollari ha un impatto diretto sulla capacità di fornire assistenza e protezione, specialmente a chi vive fuori dai campi ufficiali, spesso senza alcuna forma di tutela legale.

L’attenzione dei media internazionali è ridotta all’osso: nel corso dell’anno sono state registrate meno di 30.000 menzioni riguardo alla crisi camerunese, a testimonianza di un silenzio che rischia di amplificare il senso di abbandono di milioni di persone.

Tre conflitti, una sola emergenza

La complessità della crisi camerunese nasce dalla compresenza di tre conflitti distinti e prolungati, oltre a fattori climatici estremi. Nel bacino del Lago Ciad, gruppi jihadisti operano da anni, seminando violenza e insicurezza. Nelle regioni anglofone del Nord-Ovest e Sud-Ovest, una crisi separatista, iniziata nel 2016, ha generato una lunga spirale di scontri e sfollamenti. A est, l’instabilità della Repubblica Centrafricana ha prodotto un flusso costante di rifugiati che cercano protezione in Camerun.

Questi conflitti, sommati alla peggiore stagione delle piogge dal 1990, che ha distrutto abitazioni e raccolti, alimentano una spirale di vulnerabilità che trascina sempre più persone nella povertà, nell’insicurezza alimentare e nell’esclusione.

Il volto nascosto degli sfollati

Una caratteristica drammatica della crisi camerunese è che il 70% degli sfollati vive al di fuori dei campi ufficiali, spesso in insediamenti informali, in condizioni di precarietà assoluta, privi di protezione giuridica e con accesso molto limitato ai servizi essenziali. Donne e bambini sono le categorie più vulnerabili, esposte a rischi crescenti di violazioni dei diritti umani e di esclusione sociale.

Anche i quasi 500.000 rifugiati, in gran parte provenienti dalla Repubblica Centrafricana, soffrono di un sottodimensionamento degli aiuti: le strutture emergenziali ricevono meno di un terzo dei fondi necessari, con conseguenze pesantissime sulla qualità della vita e sulla sicurezza di queste comunità.

Un quadro globale di sottofinanziamento

La situazione del Camerun si inserisce in un contesto più ampio di scarsità di risorse umanitarie: nel 2024, a fronte di un fabbisogno globale di quasi 50 miliardi di dollari, sono stati stanziati poco più di 24 miliardi, meno della metà.

Il rapporto evidenzia inoltre che la spesa militare globale supera di gran lunga gli aiuti umanitari: per il 2024, la spesa per armamenti è stata pari a 2,46 trilioni di dollari, cioè più di 6 miliardi di dollari al giorno. Per coprire il deficit umanitario globale basterebbero quindi circa 3,7 giorni di spesa militare mondiale.

I principali donatori tradizionali, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia, Germania e altri, hanno annunciato tagli significativi al budget per gli aiuti umanitari, aggravando ulteriormente la crisi.

Verso il 2025: un futuro incerto

Il NRC sottolinea che, senza un cambio di passo deciso da parte della comunità internazionale, la crisi camerunese rischia di aggravarsi ulteriormente nel 2025. La combinazione di conflitti in corso, shock climatici e carenze di finanziamenti ha già spinto la popolazione a livelli record di sfollamento.

La situazione politica interna, con le elezioni presidenziali previste per ottobre 2025, e la fragile diplomazia regionale sembrano al momento insufficienti per garantire una stabilizzazione e un miglioramento delle condizioni umanitarie.

Comprendere per agire

Questa crisi dimenticata e poco raccontata offre uno spunto importante per comprendere meglio le realtà da cui provengono molte persone accolte nei nostri centri di accoglienza e supporto. Conoscere il contesto socio-culturale e le condizioni di vita nei paesi di origine è fondamentale per offrire un’accoglienza che sia più consapevole, empatica e mirata.

Il Camerun, con la sua complessità di conflitti, sfide ambientali e pressioni umanitarie, rappresenta un caso emblematico di come guerre dimenticate e crisi poco visibili possano avere effetti devastanti su milioni di persone.


Fonti principali

  • Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC), Global Report on the State of the World’s Displaced, 2024
  • Nigrizia, Emergenza umanitaria in Camerun: la crisi degli sfollati più trascurata, maggio 2024
  • UNHCR, Global Trends Report 2023
  • OCHA, Humanitarian Needs Overview: Cameroon 2024
  • ACLED, Armed Conflict Location & Event Data Project
  • World Bank, Climate Risk Profile: Cameroon