Don Marco Galletti ha 42 anni fa parte dell’Unità pastorale dell’Arcella, due parroci per tre parrocchie (Santissima Trinità, San Bellino, San Filippo Neri). Anche lui in grembiulone, cuffia e mascherina, in piena estate è volontario alle Cucine popolari gestite da suor Albina e suor Federica, sempre presenti, sempre sorridenti. <Durante l’emergenza Covid – racconta don Marco – hanno mobilitato anche parecchi preti giovani, io sono stato contattato da don Luca Facco, direttore della Caritas: <saresti disponibile ad andare a dare una mano? Sì>. Fatto. E dal primo marzo in avanti don Marco, una volta alla settimana o quando ci sono buchi di presenze da tappare, è lì dietro lo sportello delle cucine. A volte, come la settimana di Ferragosto, è arrivato con gruppetti di ragazzi volontari delle due parrocchie, tra i 16 e i 19 anni. <Facciamo esperienza di servizio: di solito facciamo campi fuori, perché non conoscere le Cucine Popolari della nostra città? Ho lanciato l’appello e parecchi ragazzi hanno risposto e attraverso gli animatori si sono candidati a venire. Il mio obiettivo è che vengano, che entrino e conoscano, che sperimentino l’importanza del servizio e che lo vivano in una dimensione di fede, che riconoscano nell’altro la figura di Gesù>.
Don Marco continua a raccontare: <Nelle Cucine c’è un clima accogliente e semplice, tutto ruota attorno alla centralità della persona. E gli ospiti non sono persone strane, man mano che vieni impari a conoscerli e a riconoscerli. Molti sono aperti a dinamiche di normalità e relazione. Spesso l’immagine che si ha delle persone che vanno a mangiare alle Cucine Popolari è fuorviante: spacciatori, gente brutta e cattiva. Non è così, vengono tante persone normali, che non te le aspetteresti. Ci sono le badanti, gli immigrati, i ragazzi giovani, gli anziani. Perché come dice la canzone di Fabri Fibra: Io sono l’altro>.