Era un tranquillo pomeriggio dopo pranzo quando, poco dopo l’orario di chiusura della mensa, il campanello della porta d’ingresso suonò. La giornata era stata intensa, e la maggior parte delle persone se n’era già andata. Rimanevo io con qualche collega, intento a sistemare le ultime cose prima di concludere il mio turno.
Apro la porta e davanti a me vedo un uomo, sulla trentina, con il viso segnato dalla vita ma illuminato da un sorriso sincero. Era un ragazzo nigeriano, ben vestito, con un’aria distinta ma umile. Istintivamente pensai che fosse uno dei tanti che venivano alla nostra mensa per un pasto caldo e che, essendo arrivato in ritardo, stesse cercando di capire se fosse rimasto qualcosa per lui.
“Ciao,” gli dico con un sorriso, “come posso aiutarti?”
Lui mi guarda negli occhi e con voce gentile mi risponde: “Sono venuto per sapere se avete bisogno di qualcosa e in che modo posso aiutarvi.”
Rimango interdetto per un attimo.
“In che senso?” chiedo, cercando di capire meglio le sue intenzioni.
Lui annuisce e spiega: “Mi chiamo Kelvin. Ho vissuto qui all’Arcella per un periodo, ospite di una cooperativa. Molti miei connazionali venivano da voi, raccontandomi di quanto la vostra mensa fosse un luogo di conforto, dove trovavano non solo cibo, ma anche rispetto e gentilezza. Io, però, non ho mai avuto occasione di venirci.”
Annuisco, sempre più incuriosito dalle sue parole.
“Ora mi sono trasferito a Conselve e ho trovato un lavoro stabile,” continua Kelvin. “Ma non mi sono mai dimenticato di questo posto. Volevo dirvi grazie, non solo a nome mio, ma anche per tutti quelli che avete aiutato e che, per vari motivi, non hanno mai potuto o pensato di farlo.”
Resto senza parole. Non mi aspettavo un gesto simile.
“E per questo,” aggiunge Kelvin con una punta d’emozione nella voce, “vorrei fare una donazione. Potresti darmi il vostro IBAN?”
Il cuore mi si riempie di gratitudine. In un mondo dove spesso si prende senza pensare a restituire, quell’uomo era tornato per esprimere riconoscenza nel modo più concreto possibile. Senza esitare, vado a prendere una delle nostre brochure, con tutte le informazioni necessarie. Gliela porgo con un sorriso sincero.
“Grazie, Kelvin. Significa molto per noi.”
Lui prende la brochure e mi stringe la mano con fermezza. “Spero di poter tornare presto, magari per conoscervi meglio e dare una mano anche in prima persona.”
Lo invito calorosamente a tornare, certo che un cuore grande come il suo sarebbe un dono prezioso per la nostra comunità.
Mentre chiudo la porta, ripenso a quell’incontro con una sensazione di calore dentro. È proprio vero che la gratuità non è solo dare senza aspettarsi nulla in cambio, ma anche riconoscere il valore di ciò che si riceve e trovare il modo di restituirlo.