loader image

La nostra quotidianità

“La relazione con persone in situazione di vulnerabilità aiuta, con chi è fragile non puoi barare”, devi essere te stesso senza orpelli, al fondo, con nuda sincerità. Non è roba di poco conto ed è il pane quotidiano alle Cucine popolari di via Tommaseo, gestite quotidianamente da suor Albina e suor Federica, dagli operatori, dai volontari e al servizio, va da sé, degli ospiti, pure loro senza orpelli, veri come la vita nelle sue altalenanti fasi.  A tutti può capitare, anche se parrebbe impossibile, di trovarsi in fila ad aspettare di pranzare a due euro, seduti al tavolo nella sala grande, approfittando per avere un po’ di compagnia, condividendo il cibo con gli altri.

Esistono dal 1882 le Cucine Economiche Popolari, un’istituzione per Padova, dalle pareti trasparenti come cristallo, che da un anno a questa parte sta vivendo una rivoluzione che ha il sapore di un ritorno al futuro, sta aggiungendo un nuovo valore alla sua mission, quello di diventare un punto di riferimento per tutta la città, non solo per le persone in difficoltà, di aprirsi e farsi conoscere dai padovani. Insomma, quello delle cucine è un caloroso invito a pranzo o a cena collettivo. Così come era nei primi decenni del Novecento quando lì, gomito a gomito, si assiepava, forchetta alla mano, la più varia umanità: studenti, operai, impiegati oltre alle persone che ne avevano bisogno per indigenza.

Funziona il nuovo corso delle Cucine che fanno capo alla fondazione Nervo Pasini e che oltre a sfornare 150 mila pasti all’anno offrono servizi di ambulatorio medico, consegna vestiario, docce, lavaggio vestiti, fermo posta, lo sportello di Avvocati di strada e consulenze.

Funziona l’invito alla città: la cena sospesa ovvero andare a mangiare alle Cucine pagando il proprio pasto e lasciando pagato il pasto per un altro che non ha mezzi per pagarselo. I padovani ci si avvicinano e toh, alla sera arriva sempre qualche faccia nuova, una coppia, un gruppetto di amici, come fosse una trattoria, la trattoria del cuore. L’entrata è aperta a tutti.  Niente a che vedere con il ghetto ma un luogo aperto frequentato da chi ne ha bisogno e anche da chi non ne ha, dove acquista il suo valore compiuto il senso della contaminazione attraverso la vicinanza e la condivisione di un momento fondamentale della vita, quello dello stare a tavola, del nutrirsi rilassati.

Molte altre iniziative erano in programma nella scia della “contaminazione”, delle porte aperte per farci conoscere, ma purtroppo sono state sospese a causa del Covid che ci ha costretti anche a riorganizzare i nostri servizi. Abbiamo dovuto contingentare gli ingressi, ridurre i posti in sala da sala da pranzo e alle docce, sospendere il servizio della cena e adottare tutte le misure atte a contenere la diffusione del contagio previste dai vari DPCM: uso della mascherina, gel per le mani, distanziamento fisico.

Le Cucine si reggono sulla presenza fondamentale di tre componenti: la comunità delle suore Terziarie Francescane Elisabettine che vive alle cucine, il personale dipendente e i volontari. Durante il look down siamo stati costretti a privarci di quest’ultima componente per cui alcuni giovani preti della Diocesi si sono messi a disposizione permettendoci di continuare il nostro servizio. Mentre nel periodo estivo un importante sostegno ci è stato dato dai giovani delle varie parrocchie della città.