E’ stato dedicato alla povertà educativa il terzo appuntamento del calendario di eventi organizzati per i 140 anni delle Cucine Economiche Popolari. «Ci siamo resi conto di avere un grande potenziale educativo. Un bene immenso che dobbiamo rendere disponibile», ha sottolineato don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini. «Per far conoscere ai ragazzi questa realtà, accogliamo gli alunni delle elementari e medie della iniziazione cristiana con la proposta “Vieni e vedi”, quelli delle superiori con i Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, ex scuola lavoro, ndr), e invitiamo tutti a partecipare alla “cena sospesa”». E’ stata infatti ripresa la proposta rivolta ai ragazzi maggiorenni di cenare alle Cucine, dove il costo di un pasto è di 2 euro, lasciandone uno “sospeso” per chi non può pagarlo. «Il nostro intento è aprirci – ha proseguito don Luca Facco – e lasciare che il mondo entri. E’ il nostro modo per essere più vicini ai giovani che cercano di dare un senso alla loro vita, prospettive di futuro e di significato».
L’incontro “Cucine Economiche Popolari: laboratorio di umanità”, è stato moderato da Luigi Carretta, dirigente scolastico del liceo Galilei di Dolo e volontario Cep. Dopo i saluti del vicario episcopale per la pastorale don Leopoldo Voltan, dell’assessore comunale Cristina Piva, del presidente della Fondazione Girolamo Bortignon don Cesare Contarini e del direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale dell’educazione don Giorgio Bezze, il valore delle Cucine come luogo di relazione tra diverse culture è stato messo in luce dall’intervento dell’imam Kamel Layachi della comunità islamica del Veneto, dedicato all’uomo nella prospettiva islamica e da quello di Marco Ius, docente di pedagogia interculturale dell’Università di Trieste, che ha invitato a «guardare le Cucine come qualcosa che è buono e che non necessariamente dobbiamo capire, ma dove la comprensione passa attraverso l’esperienza e la condivisione». Per Luigi Gui, professore di sociologia sempre a Trieste, le Cucine sono «un luogo dove si incontrano persone che manifestano dei bisogni, alle quali viene risposto con la relazione. Quando si dice “vale la pena”: alle Cucine non si toglie la pena, ma si riconosce il valore delle persone». La persona ha un valore altissimo, «in quanto immagine di Dio», anche per Elisabetta Vendramini, fondatrice della congregazione delle suore terziarie francescane elisabettine, la cui figura è stata approfondita dalla superiora suor Maria Fardin, nel giorno in cui si celebra Santa Elisabetta d’Ungheria: «Due donne molto lontane, ma accomunate dalla definizione “madre dei poveri”».
Nella seconda parte dell’incontro sono state illustrate esperienze di incontro da Marilena Sinigagia, dell’Ussm (Ufficio di servizio sociale per i minorenni) di Venezia, Giacomo Magro, professore dell’Istituto Alberti di Abano che ha seguito il progetto del Pcto, Giorgio Pusceddu della Pastorale Giovani di Padova e da Pietro Girotto dell’associazione Scout d’Europa.
«Considero Padova un laboratorio di umanità, che vive il dialogo interreligioso da molti anni, e le Cucine rappresentano il faro di questo laboratorio – ha esordito l’imam Layachi – Al centro del Corano c’è l’uomo e la dignità dell’uomo costituisce il fondamento di tutti i diritti umani. L’uomo è nato libero, ma dovrà rispondere di ciò che ha fatto nella sua vita terrena. E’ libero di viaggiare, di crearsi una famiglia e di cercare il meglio per la propria famiglia, portando con sé il proprio bagaglio culturale. I pregiudizi si superano col dialogo, cercando un terreno comune a vantaggio di tutti e soprattutto del territorio nel quale si vive».
Madina Fabretto