Mi chiamavano con il mio nome: l’aiuto diventa famiglia

La storia di Ahmed e la forza del lavoro di rete a Padova

Quando stai per cadere, ciò che serve davvero è una rete.
Una rete di supporto e di accoglienza, dove fili diversi si intrecciano per un obiettivo comune.
La storia di Ahmed (nome di fantasia) testimonia come la solidarietà organizzata e la collaborazione tra istituzioni, enti e associazioni del territorio possano restituire dignità e futuro a chi è rimasto ai margini.

Arrivato in Italia dalla Tunisia nel 2008, con un contratto regolare come lavapiatti in un albergo di Brescia, Ahmed aveva già affrontato il distacco dalla famiglia e le difficoltà del viaggio, animato dal desiderio di una vita migliore.
Ma quella fiducia ha vacillato più volte, fino quasi a spegnersi.
«Dopo qualche anno, l’hotel per cui lavoravo è entrato in crisi e ha licenziato alcuni dipendenti – ricorda –. Io ero tra questi e mi sono ritrovato senza lavoro, senza casa e senza prospettive. Così ho deciso di venire a Padova. Pensavo fosse un nuovo inizio, ma si è trasformato in un periodo di precarietà e marginalità. Dormivo per strada e venivo alle Cucine Economiche Popolari per un pasto caldo. Lì ho trovato molto di più: qualcuno che credeva in me, una famiglia che ti incoraggia sempre a sperare e non ti dà mai per perso. Mi chiamavano con il mio nome, come si fa con un amico, e piano piano anch’io ho ricominciato a credere in me stesso».

Durante l’inverno Ahmed viene inserito nel progetto di accoglienza invernale del Comune di Padova, realizzato insieme agli enti del Tavolo Inclusione, una rete cittadina che quest’anno celebra trentacinque anni di impegno a favore delle persone in difficoltà.
Con l’arrivo della pandemia è ospitato in uno dei centri allestiti per l’emergenza Covid, evitando di tornare in strada.
Terminata l’emergenza, trova un lavoro temporaneo in un Comune della provincia, dove svolge turni notturni come operatore.
«Ma senza una casa, senza un posto dove riposare, passavo le giornate per strada e mi sentivo insicuro. Ho attraversato un periodo difficile, di grande fragilità interiore. Non riuscivo più a dormire e non stavo mai bene. Ancora una volta mi sono rivolto alle Cucine, che mi hanno aiutato con il loro servizio medico collegato all’Ulss. Ho trovato ascolto e cure, non solo per la salute fisica, ma anche per quella emotiva. Ma per ritrovare un vero equilibrio sapevo che mi serviva un lavoro, un lavoro “vero”».

La svolta arriva grazie a un percorso di inserimento sociale attivato dalla collaborazione tra le Cucine Economiche Popolari e il Centro per l’Impiego di Padova, che gli permette di frequentare un corso di formazione professionale e completarlo con successo.
Parallelamente, l’associazione Avvocato di Strada lo aiuta a ottenere la residenza fittizia a Padova, passo fondamentale per essere preso in carico dai Servizi Sociali del Comune ed essere accolto all’asilo notturno del Torresino.
Nel frattempo continua a frequentare le Cucine per la mensa quotidiana, mantenendo un punto di riferimento stabile nel suo percorso.

Oggi Ahmed lavora come magazziniere con contratto regolare e vive in un progetto abitativo di cohousing promosso dal Comune di Padova, che gli offre stabilità e la possibilità di camminare verso una piena autonomia.
La sua storia è un esempio concreto di come l’integrazione tra pubblico e privato sociale possa generare percorsi efficaci di inclusione e di come, con le giuste alleanze, nessuno sia davvero perduto.

«Per rispondere in modo efficace alle sfide della povertà, le Cucine sono parte attiva di una rete che coinvolge Terzo Settore, istituzioni e realtà della società civile», spiega Marco Rosso, operatore che coordina le relazioni alla base di questa rete. «Collaborare significa imparare stili diversi, ma con un unico obiettivo: mettere al centro le persone».

Tra le realtà con cui le Cucine collaborano c’è il Tavolo Inclusione, attivo dal 1990 su iniziativa del Comune di Padova, che coordina gli interventi emergenziali del Terzo Settore, in particolare nei mesi invernali.
Insieme a Cosep, Coges, Gruppo R, Cooperativa Equality e al Consorzio Veneto Insieme, le Cep hanno contribuito alla coprogettazione dei Servizi Diurni per le persone senza dimora, nati tre anni fa per potenziare le unità di strada e il servizio docce pomeridiano alla casetta Borgomagno.
Un’altra collaborazione importante è quella con Fio.Psd – Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora, rete nazionale di cui le Cep sono socie, che promuove il confronto tra enti impegnati nel contrasto alla grave emarginazione.
Infine, Binario Zero, promosso dal Comune, mira a trasformare l’area della stazione ferroviaria in uno spazio generativo di relazioni e cittadinanza attiva.

La storia di Ahmed dimostra che le reti, quando funzionano, non sono solo strumenti di coordinamento, ma luoghi di fiducia reciproca.
È lì che la fragilità può trovare voce, e che l’aiuto diventa famiglia.

(Madina Fabretto)