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Per la Festa della Presentazione di Gesù al Tempio: Analisi generale della cantata BWV 83 – “Erfreute Zeit im neuen Bunde”

Questo testo è stato scritto da Matteo un volontario delle Cucine Economiche Popolari appassionato di musica classica.

Possiamo affermare che le due arie siano le parti più ricche di questa cantata, ricche di significati e dove la musica si fa memoria del testo, sia ritmicamente, sia armonicamente. Soffermandoci solo sulle parti dei solisti, una cosa appare 2 evidente: le parole più ripetute, le cui sillabe sono musicate anche con una modalità melismatica, sono Erfreute Zeit [Tempi Felici] (con l’attenzione particolare per Erfreute, felici) ed Eile [Affrettati]. Una sottolineatura meno preponderante, ma degna di menzione è quella di Treten [Avanzare], che non viene ripetuta tanto quanto Eile, ma è accompagnata da un melisma musicale ampio. Anch’essa è richiamata dalla musica strumentale, ma non ha la priorità musicale. Una cosa interessante, che non è resa dalla traduzione italiana a cui si fa riferimento, è la parola Wonne [delizia, beatitudine] con cui termina il corale. Facendo sintesi, siamo inseriti all’interno della festa della Presentazione di Gesù al Tempio (Purificazione di Maria), ci viene detto “Tempi felici [della nuova alleanza]! Affrettati, avanza! [È] delizia, beatitudine!” Se poi consideriamo l’espressione di Simeone, ci accorgiamo del profondo legame con l’insieme. Essa risulta perentoria: dell’intonazione del basso, la frase è cantata da una melodia “ferma” armonicamente, non è ricca di intervalli, non è ritmicamente interessante. È un susseguirsi di note poco dissimili che esprimono proprio quello che viene detto: “Signore, adesso lascia andare in pace il tuo servo.” È avvenuto l’incontro, o meglio sta per avvenire! Simeone ha atteso questi tempi felici, la “consolazione di Israele” (Lc 2, 25) (di un’alleanza rinnovata in Gesù). “Dallo Spirito Santo gli era stato rivelato che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore” (Lc 2, 26) e immagino, usando immagini della tradizione, questo anziano in attesa… chissà quanti anni ha aspettato questa rivelazione dello Spirito, chissà come ardeva forte questo desiderio di incontrare il Cristo… penso che, mosso dal fremito, anche le sue gambe anziane e deboli abbiano fatto l’impossibile per andar incontro a Maria e a Giuseppe, solo per vedere un bambino, non chissà chi. Penso ad un uomo vecchio che con la forza donatagli da Dio e, nella possibilità fisica delle sue gambe, corra, avanzi verso questa famiglia, di fretta! E dopo aver contemplato questo mistero, donandoci le parole che ancora pronunciamo oggi prima di addormentarci, Simeone si lascia in quella delizia, beatitudine, che è donata universalmente in ogni incontro con il Cristo.

Un consiglio interessante per l’ascolto è quello di immedesimarsi nel personaggio di Simeone, con l’accortezza di considerare queste caratteristiche:

1. È un uomo vecchio, con tutto quello che può comportare la vecchiaia: gambe facili, stanchezza, qualche impedimento nei movimenti.

2. È simbolo di un intero popolo che attende la venuta del Messia, che noi diamo per scontato che sia Gesù di Nazareth, ma che per loro così non è.

3. È un uomo in attesa, anzi, che ha atteso per tutta la vita l’incontro con il Messia.

4. Ci viene detto che corse verso Maria e Giuseppe e prese in braccio il bambino.

Se ci mettiamo in queste condizioni, possiamo sentire come un movimento interiore di grande festa: la prima Aria, dal carattere trionfale in Fa maggiore, che passa per un recitativo molto intimo (Il cantico di Simeone vero e proprio, intervallato da un intermezzo recitativo) in Si bemolle maggiore. La fretta e il movimento di “andare verso”, “avanzare” sono rese dalla seconda Aria in maniera molto divertente: Simeone che balla con questo bambino in braccio, mentre ci viene detto “Affrettati, avanza”. Il secondo recitativo smorza un po’ i toni e ci riporta nella nostra vecchiaia, come a dire che se consegnamo e se lasciamo andare dalle nostre mani Gesù, la vita ritorna ad essere ombrosa, le preoccupazioni del mondo prendono il sopravvento e la morte ritorna a percepirsi. Ma la finale non è resa così: il corale ci riporta in quella dimensione di pace, che è gloria, onore e delizia. Noi possiamo lasciare il Signore, ma lui nel suo amore non mollerà la presa: è la convinzione di Simeone, i suoi occhi hanno visto la Salvezza, attesa con tanto desiderio. E in questa salvezza, anche se ci troviamo in un contesto di umano, di limite, di creatura, siamo sicuri che un giorno potremo incontrare questo Messia che viene a visitare il popolo e ad essere luce per le genti. È presente anche un linguaggio simbolico della musica, che analizzando la partitura (accostando un orecchio fine) viene consegnato. Se fosse intenzionale o casuale, questo lo chiederemo a Bach quando avremo l’occasione di rincontrarlo… Però alcune cose possono essere interessanti. Una tra tutte potrebbe essere questa: la seconda Aria (come anche la prima) è divisa in due sezioni tematiche differenti. La differenza è che questa volta Bach inserisce 12 frammenti corrispondenti alla parola “Affrettati”. E dove li concentra? Quando dice “Du sollst deinen Trost empfangen Und Barmherzigkeit Erlanger” [Tu devi ricevere la tua consolazione]. Stiamo parlando di Simeone, immagine del popolo di Israele che aspettava il Messia, il Salvatore. Bach ci viene a dire: “Tu devi ricevere la tua consolazione. Vieni, avanza in fretta con felicità”. Simbolicamente, Gesù ora è nelle braccia di un popolo che lo ha atteso da tempo, che lo ha desiderato! Affrettati è detto 12 volte, una per ogni tribù di Israele. Il risultato sarebbe quindi: “Voi tutte tribù di Israele, affrettatevi, avanzate! Dovete ricevere la consolazione!” Come può non sentirsi l’invito di avanzare. Come può non sentirsi la fretta e la felicità di questo incontro. E forse questo è un invito anche per noi: Come possiamo non pensare che in questo giorno Gesù non venga presentato tra le nostre braccia? Come possiamo non pensare di avere un’urgente necessità di questo incontro? Come possiamo non avanzare verso questo “trono della Grazia? Come possiamo non essere felici?