Restare aperti d’estate: la sfida della continuità nei servizi per le persone senza dimora

Con l’arrivo dell’estate, la vita sociale delle città cambia radicalmente: molte attività rallentano, gli uffici si svuotano, le agende si alleggeriscono. Per la maggior parte delle persone, i mesi di luglio e agosto rappresentano un tempo di sospensione, di ferie, di distanza dalle incombenze quotidiane. Ma per chi vive in strada, il tempo non si interrompe mai.

Le persone senza dimora non vanno in vacanza. I loro bisogni restano — spesso si intensificano — proprio quando l’offerta di supporto tende a ridursi. In assenza di un’abitazione, di una rete familiare o di un reddito stabile, la sopravvivenza quotidiana è legata in modo diretto alla presenza di spazi sicuri e accessibili, dove ricevere un pasto, una doccia, un ascolto.

La letteratura scientifica internazionale ha recentemente acceso un riflettore sul tema della vulnerabilità estiva. Uno studio pubblicato dal National Health Care for the Homeless Council ha rilevato che, durante le ondate di calore, il rischio di mortalità per chi non ha accesso a un rifugio sicuro può essere fino a 200 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Le persone senza dimora sono più esposte a colpi di calore, disidratazione, squilibri cardiovascolari e respiratori, soprattutto in contesti urbani caratterizzati da “isole di calore” e scarsa disponibilità di zone d’ombra.

Anche sotto il profilo sociale, il cosiddetto “summer surge” – ovvero l’aumento estivo delle richieste d’aiuto – è un fenomeno documentato: i servizi rivolti a famiglie vulnerabili registrano in estate un incremento fino al 50 % delle richieste di assistenza. Nonostante ciò, molte realtà del terzo settore e dei servizi pubblici riducono le proprie attività proprio durante questo periodo, lasciando un vuoto che si traduce in una carenza strutturale di risposte per chi ha più bisogno.

Il contesto di Padova: una presenza non scontata

Anche a Padova, come in molte altre città italiane, nei mesi estivi si assiste a una significativa riduzione dei servizi rivolti alle persone senza dimora. Numerose realtà associative e di volontariato, pur garantendo un impegno importante durante l’anno, sospendono le attività tra fine luglio e metà agosto per motivi legati alla carenza di personale volontario e al legittimo bisogno di ferie per i dipendenti.

A ciò si somma, nelle stesse settimane, la chiusura di diversi servizi pubblici e sportelli sociali, riducendo ulteriormente le possibilità di accesso all’aiuto. Questa dinamica produce un effetto di isolamento e vulnerabilità estrema per chi non ha un luogo dove vivere o una rete su cui contare.

Le Cucine Economiche Popolari rappresentano uno dei pochi presidi che rimangono operativi tutto l’anno, compreso il mese di agosto. Questa scelta nasce da una constatazione concreta di un bisogno reale e continuativo.

Garantire la continuità estiva di un servizio come quello offerto dalle Cep richiede un’organizzazione attenta e spesso creativa. L’estate è un banco di prova in termini di:

  • copertura del personale: molti lavoratori usufruiscono delle ferie estive, e la disponibilità di volontari si riduce drasticamente. È necessario fare ricorso a risorse aggiuntive, come giovani in attività di PCTO o collaborazioni temporanee;
  • pianificazione dei turni: il servizio, per rimanere attivo, deve essere coperto ogni giorno, senza riduzioni. Questo comporta un’attenta distribuzione delle risorse e una gestione efficace dei carichi di lavoro;
  • tenuta economica: le risorse non aumentano nei mesi estivi, ma le esigenze organizzative sì. Occorre, quindi, un investimento aggiuntivo — anche solo per garantire la continuità — che spesso non viene considerato nei finanziamenti pubblici o privati.

Nonostante il numero di utenti sia lievemente inferiore rispetto ai mesi invernali, la complessità di gestione aumenta. Alcune persone in difficoltà, che in inverno accedono ad altri servizi, si rivolgono alle Cep d’estate per mancanza di alternative. Aumentano anche i casi di fragilità emergente, come anziani soli, stranieri appena arrivati, famiglie monoparentali in emergenza abitativa.

Uno sforzo collettivo, una responsabilità condivisa

Il merito dell’apertura estiva non è da attribuire a un solo soggetto. È piuttosto il frutto di una collaborazione tra diversi livelli istituzionali e comunitari: dalla Diocesi di Padova, che sostiene le Cep in modo continuativo, ai tanti operatori e operatrici che scelgono di esserci anche nei mesi più complessi.

Tuttavia, non si può dare per scontato che servizi di questo tipo possano continuare a garantire presenza e supporto se mancano sostegni strutturali, economici e professionali. È legittimo che molte organizzazioni scelgano di fermarsi, ma è importante che qualcuno riconosca e sostenga chi resta operativo, in silenzio, ogni giorno.Se restare aperti anche in agosto è una scelta tanto faticosa quanto necessaria, forse è tempo di interrogarci su come renderla più sostenibile.

Perché nessun servizio dovrebbe essere considerato “secondario” solo perché si rivolge alle persone che non fanno rumore. Perché l’estate, per chi vive in strada, può essere un tempo ancora più duro dell’inverno. E perché, se anche i presidi più resilienti dovessero cedere, non ci sarebbe nessuno ad accogliere chi bussa in quei giorni sospesi. In fondo, la continuità è già una forma di cura. E come ogni cura, richiede attenzione, risorse, responsabilità condivisa.