Questo testo è stato scritto da Andrea un ospite delle Cucine Economiche Popolari che ci è venuto a trovare dopo qualche anno. Ecco le sue emozioni.
Era da quasi 3 anni, che non entravo alle Cucine Popolari e trovandomi da quelle parti ho voluto andarci, anche solo per salutare e rivedere qualche persona sia tra gli operatori sia tra i frequentatori. Ero curioso di vedere come il Covid19 aveva cambiato il modo di operare e di essere in quella parte di mondo un po\’ particolare…
Devo ammetterlo, quando sono entrato mi sono intristito.
E non per il luogo, tanto vituperato dai sui detrattori che invece è sempre stato un grande artificiere e sminatore di bombe sociali, ma perché non c\’era il caos evolutivo di una diversa umanità
Tanto per iniziare non si vede più davanti all\’entrata, quella piccola folla chiassosa che sostava e si accalcava per entrare. Se da una parte è un bene per i benpensanti ed i detrattori delle cucine, dall\’altra ha reso l\’area enormemente scialba, evidenziando che non è una delle aree più felici e piacevoli della bella Padova. Il folclore di prima, la rendeva un pizzico più allegra, nonostante creasse qualche problema. Ora è solo una camera a gas con l\’atmosfera di un cimitero.
E per aggiungere, non mi sembra neppure che a Padova sia sceso il consumo e lo spaccio di droga, eliminando quel folclore, perché a parte certi balenghi e sfiondati, trova i clienti più redditizi nelle aree più elevate ed esclusive di qualsiasi città.
Ma è entrando che si evidenzia l\’enorme cambiamento.
Quando entri, giustamente, vengono rispettate le più severe normative anticovid e questo non può che essere apprezzabile e piacevole (green pass, tessera, riconoscimento, doppia porta, ecc.).
Però è una volta superati i controlli, che ti esplode in faccia la mutazione genetica…
Il silenzio è assordante.
Prima entravi e c\’era un gran chiasso di voci, qualche perenne incavolato che inveiva, certi che chiacchieravano, altri che ridevano, altri ancora che riposavano cullati dal vociare, ma pronti a scattare all\’inizio della chiamata per il pranzo. Ora quella prima sala è vuota, non c\’è più nulla.
Accedi direttamente, alla zona dove viene composto il vassoio del pranzo, senza code, senza qualche spintone od occhiataccia, anzi puoi quasi scegliere lo sportello di servizio ed il gentile volontario addetto, a seconda del viso che ti è più simpatico.
Vedendo dietro, nella zona Cucina, ci sono meno pentoloni fumanti, meno volontari per non fare i grandi assembramenti, ma anche lì un senso di maggiore tristezza attanaglia il mio cuore.
Prosegui nella sala da pranzo, regolata dalle più strette regole covid.
Due persone per tavolo, separate da un vetro di plexiglas come in un parlatorio delle carceri. Ed anche li………silenzio assordante. Non più vociare, non più qualche risata, non più qualche vaffa…….
Insomma se vogliamo dirla col cuore, una perfetta organizzazione, scrupolosa delle regole e con la solita cortesia, gentilezza ed anche un cibo sempre buono ma più scarno……… perché è condito da meno gioia.
Perché alle cucine non si andava solamente per mangiare, ma anche per trovare un po\’ di compagnia, una risata, uno sfogo, un sorriso. Quello di suor Albina non manca, ma è un po\’ isolato, come le particelle nella pubblicità dell\’acqua Lete…….c\’è nessuno?…… c\’è un sorriso?
Le cucine, come ogni parte della nostra società e civiltà, che io considero meravigliosa, la migliore dall\’esistenza dell\’uomo e di cui l\’Europa è il faro, stanno soffrendo del male peggiore che può colpire l\’Umanità………. La tristezza. E purtroppo non è solo alle cucine.
La tristezza un tempo faceva parte dei vizi capitali, poi è stata tolta per ovvie ragioni perché penso, che nessuna persona possa dire di non averla provata, ma oggi la considero nuovamente un vizio capitale, perché non colpisce solo saltuariamente ogni persona, ma sta dilagando come il Covid, come una peste e se non riusciamo a combatterla, come combattiamo il virus, ci distruggerà quasi più di lui.
Sono favorevole al vaccino anticovid, principalmente perché può aiutarci a superare la tristezza, a farci riprendere, magari non subito, quella socialità che è essenziale alla vita di ogni uomo, perché ci tolga dall\’isolamento, dalla solitudine e faccia riprendere anche la possibilità di incontraci a prendere un caffè in compagnia, ad una tavolata conviviale, ad incontrarci serenamente al lavoro, a scuola, e forse tornare ad abbracciarci, senza la paura di fare male a noi, ma soprattutto agli altri.
Se ognuno di noi smettesse di essere convinto di sapere tutto, di conoscere tutto ma con umiltà provasse a fidarsi un poco di gente che sa più di noi o che perlomeno cerca di studiare come risolvere un grande problema, forse vivremmo meglio. In questo momento mi viene in mente Gorgia di Lentini, quando qualche millennio fa gridava:
“Taci! Stai zitto! Primo perché se pensi di aver capito tutto… non hai capito nulla, secondo perché, se anche avessi capito, non troveresti le parole per spiegarlo, ma se anche le trovassi gli altri non capirebbero.”
Ecco un po\’ più di umiltà e meno voglia di salire su un palco per essere sotto la ribalta delle luci della popolarità, forse ci aiuterebbe a ritornare a ridere.
Questo però, sarà possibile solo se oggi, non domani, considereremo gli altri come una parte essenziale del nostro benessere personale, esteriore ed interiore e pertanto faremo ogni sforzo per superare le nostre paure, i nostri isterismi, i nostri egoismi, riuscendo a comprendere che senza una risata con gli altri, la vita non ha significato e che più aumenta la libertà più aumenta la responsabilità
Se vivessimo soli, immuni dalle malattie, con tutto l\’oro del mondo, facendo tutto quello che vogliamo, ma senza poterci confrontare con altre persone e discutere e ridere e sorridere ed abbracciarci ……… che vita di merda sarebbe.
Mi colpì una frase di un noto Umanista non credente (come ama definirsi) che scrisse:
“L\’uomo unico tra i viventi ha la peculiarità di guardarsi dentro. In questa sua capacità di introspezione, giunge alla consapevolezza di essere uno straordinario frammento di una realtà che sconfina nell\’infinito dell\’Universo. Si rende conto non solo di essere fragile, ma di essere una particella di polvere fragile”
Io penso che l\’unico punto di forza, per vincere questa fragilità, siano i Valori, gli Ideali e l\’Amore verso sé stessi e gli altri, che sono imprescindibili ed essenziali alla nostra esistenza.
Ed allora sconfiggiamo il covid e la tristezza, con la responsabilità non solo verso noi stessi, ma anche verso gli altri.
Insomma riprendiamo la voglia di RIDERE e di stare insieme sentendoci responsabili, non solo della nostra salute fisica e mentale ma anche di quella degli altri e per farlo, è necessario che rinunciamo un poco al nostro IO, ai calcoli politici e di ritorno personale e ci approcciamo agli altri, non solo per prendere, ma anche per dare.
Dobbiamo comprendere col cuore, anche se non capiamo con la mente, che da questa peste fisica e morale, o ne usciamo tutti INSIEME o non ne esco neppure IO. Anzi non ne esce nessuno.
L\’augurio che posso fare alle Cucine Popolari è di poter ritornare ad un pizzico di quel caos ante covid, perché la storia insegna, che un mondo troppo ordinato ed inquadrato, ci ha reso tanto tristi e ci ha portato, ascoltando solo le nostre paure, ad affidarci a ciarlatani, in epoche precedenti, che ci garantivano, se ci consegnavamo a loro ed alle loro folli idee, di risolvere tutti i nostri problemi, ma invece hanno saputo creare solo morte, distruzioni e dolore ben maggiori, solo per perseguire la loro sete di potere. Non ripetiamo lo stesso errore.
Ed adesso fatevi una bella risata in auspicio al mondo incasinato……che ritornerà.
L\’augurio di un prossimo Natale di risate ed abbracci anche solo accennati e mimati, a tutti.
Andrea